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Archive for ottobre 2010

 

[lirica da camera]

‎sono dentro le 7.29
di questa mattina e devo scriverti
in fretta una poesia,
pubblicarla sulle tue mani
che stanno su fino al dove tu leggi
prima che io ne esca senza sapere più
dove mi trovo,
in quale secolo,
in quale uscita da te, in quale
cosa o rumore,
il tempo non è mai questione di tempo
ma l’atto di una stanza,
la durata di un foglio,
sapere da quali mani
cessando di scrivere sono caduto

 

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[lirica n. 0] (31)

 

[lirica n. 0] (31)

‎sgorgano nel breve
i tuoi seni, maniere e
lesioni presagite in
volti bambini appoggiati
sul petto, a poco a poco

 

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[lirica n. 0] (30)

 

[lirica n. 0] (30)

‎se mi riuscisse un testo amoroso,
purché tu non sia nuda
ma quasi spoglia, e
leggerti quella cosa che scriverei
su quel lato dei tuoi vestiti
rimasti alla pelle che è
questa pagina che non c’è

 

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[lirica n. 0] (29)

‎una porta è quello che è.
ma non sappiamo se un testo
o quando fiorisce su una parete.
di certo a volte l’apriamo, o ci chiude.
appare o scompare senza dirci nulla.
nemmeno qual è il lato per venirmi addosso
e quale quello con una sembianza di addii.
poi è l’attimo antico dove nessuno
verrà più a cercarci

 

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[lirica n. 0] (28)

 

[lirica n. 0] (28)

‎ora è quella cosa.
un senso di seni,
la duplice mitezza
di quel solo rilievo.
l’attualità di me

 

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[lirica n. 0] (27)

 

[lirica n. 0] (27)

‎giungere a questa concretezza,
a quell’indaffaratissimo bianco
di un foglio bianchissimo

 

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[lirica n. 0] (26)

‎tra le fessure delle persiane
(le mani possessive della pagina
sui miei atti falliti)
spio il colore causato
dalla parola cielo

 

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[lirica n. 0] (25)

 

[lirica n. 0] (25)

‎la tua forma è l’atto di un colore.
il rumore tra le parole chiarore e luce,
l’infinito mutarti in un giorno

 

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[lirica n. 0] (24 – ipotesi di poeta)

‎il suo occhio sinistro diventava
parola. quello destro moltiplicava
il tacere. una bocca lungimirante
che tradiva solo quel rumore di sguardi

 

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[lirica n. 0] (23)

 

[lirica n. 0] (23)

‎quando dico aria
intendo l’aria dal vero,
viva e breve, speditamente
di ramo in ramo scritta
sino al finire del bosco

 

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[lirica n. 0] (22)

‎parlarti. la bocca è una pagina
inserrata nel vivo di un frutto.
il pasto creato dalla lingua

 

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[appunto n. 0 sull’origine del nudo]

‎s’aprisse improvvisa una faglia nel mio corpo, e scosse silenziosamente inaudite spostassero pezzi di me. poi l’appello, riconoscermi i singoli continenti. le mani, le caviglie, il cuore, i fianchi, l’organo delle idee e quello delle parole, il viso, la pupilla e la sua palpebra…ora dove? a quale distanza da dove mia madre li aveva partoriti? mi accendo una sigaretta. all’esterno nessun rumore, nessun tremore. nessun malore. nessuna notizia di me sulle pagine dei giornali

 

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[lirica n. 0] (21)

‎le tapparelle erano quasi del tutto abbassate.
nella stanza trapelavano solo fessure
di un esterno convalescente, strettamente confidenziale.
senza macchiarsi di peccato, ci sgridava l’infelicità

 

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[lirica n. 0] (20)

‎si spostano per immobilità le cose
stese senza lesioni nei loro nomi.
il cuore che cessa di pulsare e torna parola.
il lato disonesto della bellezza

 

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[lirica n. 0] (19)

‎un foglio bianco che abbandona la pagina, e dunque le parole – come se ogni ora sottratta ad una pagina fosse un’ora mai stata, così a volte la mia ombra si estranea da me, e coltiva la terra ramificandosi poi in un mutevole all’infinito di andature. io resto quella finestra che si dimentica di scrivere che è aperta. io resto la mia adolescenza interminata

 

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