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Archive for gennaio 2008

le mette un braccio intorno al collo
modificando l’ambiente dei suoi capelli. di frequente
tremori appiattiti e nitidezze di dettagli
che diradano ogni ulteriore narrazione
sono gesti a memoria, viali alle 6.30 di mattina
collegati ad un sistema di luci preserali
per tenere distante il sole del mattino specie se
le nostre persiane cambiano discorso ed è notte ed
i corpi stesi sulla stessa superficie piatta. personaggi
siedono soli tutt’a un tratto di fronte ai semafori
sfogliano riviste sulla complessità morbida degli edifici
che fissano il vuoto entrando in paesaggi
sporadicamente drammatici come tu ed io
che restiamo a distanza di tempo nello stesso
discorso l’amore annotato dai presenti colline
senza paesi che scrutano le auto allontanarsi
una telefonata nel cuore della notte negli
appartamenti vuoti a parte i tendaggi al pianterreno ed
il chiarore residenziale di quando tu addormentata,
per queste analogie nella stanza stiamo ancora parlando
sin dalle prime ore del pomeriggio, le lenzuola tirate oltre
il viso la bianchezza del corridoio in cima alle scale, in fondo
alla strada un buon odore di terra proveniente dal lago salendo
ed è certo lui che le mette un braccio intorno al collo
scegliendole i capelli sino a sfiorarle una spalla

(appunto, questa mattina)

 

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camera d’albergo #2

per breve che sia, non abbiamo
ancora terminato di vestirci.
il movimento di vicoli francesi
più gli ospiti dell’albergo spariti
dopo averli incrociati sulle scale
più parte del tuo collo.
come quando la luce filtra
tra le persiane rigando gli abiti
sullo sfondo del letto più quelli sorretti
dalla regione per nulla chiara delle sedie.
poi, quasi trasparente, dev’essere il vento
che odora ogni termine materiale vicino al libro

(appunto, questa mattina)

 

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[camera d’albergo #1]

a)

tu che esci dalla doccia
con un vestito molto chiaro
addosso. il cielo del blu
entrando adagio nell’abitato.
più tardi nel riquadro della porta
dove appare una finestra

(appunto, questa mattina)

 

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[quinto frammento concreto dal vivo]

a)

scrivere poi
i tuoi capelli sul cuscino
questa mattina, figure intente
a prosciugarsi, ripetutamente,
finiscono per cadervi svelti,
i tuoi capelli, e quasi privi di pensieri,
sopra le sponde mattiniere e dentro
le prime panchine, perché qui
il lago ha le sue maree, e tutte
le facce distratte dei fogli sopra i quali
scriviamo poesie

b)

ed i tuoi capelli
svelti e quasi privi di pensieri
questa mattina, come
l’aprirsi di una mano, maree
alle finestre senza appassire
la mattina dei tuoi capelli
sul cuscino spalancato ed
i gesti per prendervi il cuore

c)

i tuoi capelli questa mattina
sono un libro che ho scritto
sotto altro nome, coperto da
quelle maree che qui ha il lago,
a velocità uguali e costanti,
come le altre facce di un foglio
che asciugano su un un pontile,
quel punto della voce, il mio
ed il tuo nome, chiamato a scriverci

d)

quasi io leggessi
che qui il lago ha le sue maree,
regolate dalle formule che scrivono
i tuoi capelli sul cuscino, disegni che
indovinano la posizione improvvisa
di una macchia sulla parete o nell’
affettuoso l’aprirsi di una mano
dove muoiono i vetri delle nostre finestre

(4 appunti, questa mattina)

 

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[in appendice al quarto frammento concreto dal vivo / per g.]

vediamo di non darci da fare.
gli ospiti non giungeranno mai,
la cucina è un’immensa spiegazione
quando usciamo di casa,
le nostre mani posate sul tavolo
servono come i rami sciolti
a meravigliarci dell’inverno,
i nostri corpi imbanditi di nudità
dopo che li abbiamo visti arrivare
con le dita scomparse per spogliarci

(10.01.08) (appunto)

 

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[quarto frammento concreto dal vivo] (per g.)

scrivo la parola pioggia
questa mattina che non piove
ma pare soltanto sia inverno
o un remoto aspetto del lago
che scolora in un grido.

scriverti che piove
nel corso di un cielo
emerso laggiù, distante da noi,
accantonato tra i rami sciolti,
inaffrontabile e delicato.

durante la parola pioggia
mettere dunque a disagio
la sciagura della dolcezza;
la certezza mortale
che il cielo sia uno.

forse solo per leggerti
l’inverno dei tappeti erbosi
dove spuntano i tuoi capelli modulati
su un presagio di pioggia.

e scriverti l’enormità
delle nostre stanze al crepuscolo,
come ora piovesse
in una notte di luglio
per un eccesso di temi amorosi
che danno la caccia ai nostri volti
nel vano immenso di una scala,
lungo la paziente materia di un corridoio.

scriverti che piove
per metterci al rango di cosa,
di figure taglienti
nella gola delle parole.
quella pioggia che è una mattina immobile,
un vento che bagna,
un cielo scandalosamente terreno.

scrivere perché qualcosa
resti illeggibile.

di noi senza rimedio,
la sola ragione
(quell’unica ombra)
per cui siamo qui

(9-10.01.08)

(appunto)

 

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[terzo frammento concreto dal vivo] (o forse solo un esteso appunto uscito da immagini)

la diva del tuo sguardo
passeggia lungo i refettori
di quest’inverno. qui
dove mettono piede
nelle basse stagioni
le tue bambine addormentate,
2 lampioni a enormità di certe mattine
abbassate dal vento e che la sera
ammette, perché nessuna differenza
scrive tra te e me, di ricordare come
quel pomeriggio in cui cercammo
di sorvegliare il solo punto di origine
delle onde, quell’infanzia ventilata
che ci spingeva al largo della sponda
dove ora siamo. a volte comprendere
la necessità di una sola poesia
è un sentimento lieve, una mattina
di donne che dalle finestre
ci osservano passare e trasalire
come i posti a sedere di una sala
cinematografica finiti nei tasti disusati
di una macchina da scrivere,
perché nessuna differenza tra te
e me, ma un sentimento ancora
più lieve, il modo in cui fugge
il chiaro dei nostri volti sotto il terreno
mettendo illuminazione alla luce,
la natura violentemente umana
di ogni luogo abbandonato
che infittisce i nostri respiri,
il battito antichissimo dei cuori
che accompagna sopra di noi
il corpo senza ferite degli annegati

(04.01.08)

 

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